Lettera 92 pubblicata il 22 maggio 2017

IL TRIDUO PASQUALE SEMPRE PIU ACCESSIBILE

2007/2017: Una delle manifestazioni più eclatanti del rinnovamento liturgico permessa dal motu proprio di Benedetto XVI, è la celebrazione del Triduo pasquale secondo la forma straordinaria del rito romano. Apice dell'anno liturgico, questa celebrazione è, in effetti, prevista espressamente dall'istruzione Universæ Ecclesiæ sull'applicazione del motu proprio Summorum Pontificum. E mentre i fedeli di Hong-Kong vi sono ormai abituati, certi gruppi stabili italiani ne sono ancora privi e, perciò, questo mese vogliamo ricordare questa possibilità canonica.




I - PASQUA AD HONG-KONG CON IL CARDINALE ZEN

Dal 2015 la comunità tradizionale di Hong-Kong beneficia delle celebrazioni del Triduo pasquale. Quest'anno aveva invitato il cardinale Joseph Zen Ze-Kiun a celebrare la messa di chiusura di questo Triduo, la domenica di Pasqua. Nella nostra lettera n. 64, abbiamo avuto già l'occasione di parlare di questo coraggioso salesiano che, nonostante i suoi 85 anni, combatte con costanza e vigore per la libertà dei cattolici in Cina.

In un recente dialogo con il maestro Porfiri (1), il cardinale Zen spiega il suo attaccamento alla liturgia latina e gregoriana con una superba testimonianza, che farà senza dubbio ritornare alla mente i ricordi dei più anziani dei nostri lettori, sul significato che aveva la messa domenicale nella sua infanzia:
Di domenica mio papà mi portava a cinque messe e non mi annoiavo per niente! Due messe alla parrocchia: una per fare la Comunione e l'altra per ringraziare della Comunione. Poi mi portava a fare colazione, poi andavamo dalle Suore della Carità di S. Vincenzo: una cappella un po' oscura, tutto mistico. Mi piaceva molto! E poi la quarta messa dai francescani che era luminosa, ma molto semplice. E c'era un quadro di S. Francesco bellissimo. Adesso si vede di rado, ma a Shanghai si vedeva sovente. San Francesco in piedi, accanto al Crocifisso, San Francesco che da un braccio a Gesù, e un piede che mette sul globo. Tutta la cosa piaceva, ecco! E poi correvamo per prendere l'ultima messa cantata, in latino era cantata, in latino, e lì andavano tutti gli europei, gli occidentali. Lì mi scandalizzavo, perché stavano sempre in piedi, anche durante l'Elevazione. Noi ci mettevamo in ginocchio anche se si era fuori dalla chiesa. E poi dicevo: dormono fino alle 11! Per l'ultima messa questi (ride!)...per dire!


II - COSA DICONO LE REGOLE INTRODOTTE DA BENEDETTO XVI

Succede che i fedeli che chiedono la celebrazione del Triduo nella forma straordinaria si sentano rispondere dal loro parroco, dal vescovo o dal suo vicario generale, che "questo non è previsto dal motu proprio", e che " a Pasqua, non è proprio il caso di creare una divisione nella comunità dei nostri fedeli". Senza perdere tempo sull'argomento della divisione, del quale conosciamo bene l'inconsistenza, su un punto c'è un po' di confusione, volontaria o no, che comunque è facile dissipare: la regolamentazione di Benedetto XVI, in effetti, è assolutamente chiara a questo riguardo.

a) Il punto n. 2 del Summorum Pontificum ricorda il diritto comune, dopo la riforma della Settimana Santa di Pio XII, nel 1955: nessun sacerdote ha diritto a celebrare una messa privata, senza il popolo, durante il Triduo pasquale, e questo vale ovviamente oggi anche per le messe in forma straordinaria;

b) Il numero 33 di Universæ Ecclesiæ, istruzione per l'applicazione del motu proprio Summorum Pontificum, data a Roma, il 30 aprile 2011 dal cardinale Levada, allora Prefetto della Dottrina della Fede e Presidente della Commissione Ecclesia Dei, precisa che la sola condizione per la celebrazione di un Triduo è la presenza di un sacerdote idoneo:
Il Triduo sacro
33. Il
coetus fidelium, che aderisce alla precedente tradizione liturgica, se c’è un sacerdote idoneo, può anche celebrare il Triduo Sacro nella forma extraordinaria. Nei casi in cui non ci sia una chiesa o oratorio previsti esclusivamente per queste celebrazioni, il parroco o l’Ordinario, d’intesa con il sacerdote idoneo, dispongano le modalità più favorevoli per il bene delle anime, non esclusa la possibilità di ripetere le celebrazioni del Triduo Sacro nella stessa chiesa.


III - IL COMMENTO DI PAIX LITURGIQUE

1) L'articolo 33 di Universæ Ecclesiæ precisa dunque che la sola condizione per la celebrazione pubblica - necessariamente pubblica, come ricorda l'articolo 2 del Summorum Pontificum - del Triduo pasquale è la presenza di un sacerdote idoneo. La cosa non stupisce perché si tratta della condizione principale per qualsiasi celebrazione della forma straordinaria. Per il resto, l'Istruzione non appare restrittiva visto che "il parroco o l'Ordinario" sono invitati a assumere "le misure più favorevoli al bene delle anime, in accordo con il sacerdote (idoneo), senza escludere la possibilità di una ripetizione del Triduo sacro nella medesima chiesa". Questa possibilità di ripetizione, risponde all'obiezione che vuole che non ci possano, per esempio, essere due messe il Giovedì Santo nella stessa chiesa, e che, dunque, una volta celebrata la messa nella forma ordinaria, la forma straordinaria risulterebbe a quel punto proibita. L'Istruzione dice chiaramente il contrario: se non c'è "una chiesa o un oratorio espressamente dedicato" alla forma straordinaria, come per esempio nel caso di un'applicazione del motu proprio in una parrocchia "ordinaria", allora il Triduo può essere celebrato nelle due forme nella stessa chiesa.

2) Avrete certamente capito che se abbiamo scelto Hong-Kong come esempio di celebrazione sempre più universale del Triduo sacro secondo il messale di San Giovanni XXIII, è solo per poter condividere con voi la testimonianza commovente e forte del cardinale Zen. Senza arrivare a 5 messe domenicali, i più anziani di noi hanno conosciuto i tempi in cui le persone più pie andavano anche tre volte in chiesa la domenica: per comunicarsi alla prima messa (la disciplina del digiuno eucaristico in vigore prima dell'alleggerimento di Pio XII nel 1953, prescriveva ai sacerdoti e ai fedeli in buona salute di privarsi dei cibi solidi e delle bevande, compresa l'acqua, dalla mezzanotte fino alla comunione); per assistere alla messa solenne, ai suoi canti e al sermone; e per partecipare ai vespri nel pomeriggio. Questa generosità nella pietà, così fuori moda oggi, ha caratterizzato generazioni di fedeli non solo nelle nostre campagne, fino al XIX secolo, ma anche nelle città, e in tutto il mondo, fino al più remoto est Asiatico e fino al concilio Vaticano II. Ha prodotto legioni di famiglie sante, di santi religiosi, di santi sacerdoti dei quali il cardinale Zen è incontestabilmente uno degli ultimi rappresentanti.


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(1) L’Agnello e il Dragone, Dialoghi su Cina e Cristianesimo, Cardinale Joseph Zen e Aurelio Porfiri, Chorabooks, 2017.