Lettera 44 pubblicata il 25 agosto 2013

INCONTRO CON MONSIGNOR SAMPLE, ARCIVESCOVO DI PORTLAND

Il congresso internazionale “Sacra Liturgia 2013”, che si è svolto dal 25 al 28 giugno a Roma, ha dato a tre vescovi e a due cardinali la possibilità di contribuire alle discussioni sulla liturgia e la riforma della liturgia, a fianco di sacerdoti, di religiosi e di laici. Uno di loro era Monsignor Alexander Sample, già vescovo di Marquette in Michigan e oggi arcivescovo di Portland, nell'Oregon. Oltre alla sua partecipazione alla conferenza voluta dal vescovo di Tolone, Monsignor Rey, Monsignor Sample era di fatto a Roma per ricevere il pallio dalle mani di Papa Francesco nella solennità dei Santi Pietro e Paolo apostoli. La sua ricca esperienza di pastore gli ha permesso di dare un punto di vista prezioso e molto apprezzato con la sua conferenza: “Il vescovo: governatore, promotore e custode della vita liturgica della diocesi”.


Monsignor Sample, di spalle, riceve il pallio di arcivescovo metropolita il 29 giugno scorso.

I. Sintesi dell'intervento di Mons Sample al congresso “Sacra Liturgia 2013”

La presentazione di Monsignor Sample ha offerto ai partecipanti una riflessione sull'azione del vescovo nella sua diocesi in relazione a quei testi del Concilio Vaticano II che ne definiscono il ruolo e, in particolare, sulle tre funzioni che gli sono affidate: "munus docendi, munus liturgicum et munus regendi" (l'insegnamento, il culto divino e la direzione pastorale).

Nei documenti conciliari il vescovo è chiamato "grande sacerdote" (SC, 41) e "grande pastore delle pecorelle" che gli vengono affidate. Anche se la sua responsabilità nel campo liturgico non è esaminata esplicitamente, si sottolinea in modo implicito come la liturgia del vescovo debba essere esemplare e, in particolare, quella che viene celebrata nella sua cattedrale. Questa deve essere appunto di esempio per i sacerdoti e i fedeli laici della diocesi e deve essere imitata nelle parrocchie, nella fedeltà alle norme liturgiche e nella coscienza della bellezza che deve accompagnare l'adorazione divina.

Monsignor Sample ha citato l'articolo 26 della costituzione Lumen Gentium per illustrare come il vescovo sia colui "al quale è demandato il compito di prestare e regolare il culto della religione cristiana alla divina Maestà, secondo i precetti del Signore e le leggi della Chiesa, dal suo particolare giudizio ulteriormente determinante per la propria diocesi." Il decreto Christus Dominus sulla missione pastorale dei vescovi nella Chiesa ricorda che "Cristo diede agli apostoli ed ai loro successori il mandato e la potestà di ammaestrare tutte le genti, di santificare gli uomini nella verità e di guidarli."

Il canone 392 del Codice di Diritto Canonico enuncia in modo molto chiaro che il vescovo, avendo il dovere di "difendere l'unità della Chiesa universale", è chiamato a vigilare "che non si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica, soprattutto nel ministero della parola, nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali, nel culto di Dio e dei Santi e nell'amministrazione dei beni."

Inoltre è sua responsabilità osservare che i sacerdoti, i diaconi, e i fedeli laici siano immersi sempre più profondamente nel significato dei riti e dei testi liturgici. La dignità e la bellezza dei santuari, come della musica e le arti sacre devono aiutarlo a raggiungere quest'obbiettivo.

Monsignor Sample considera che una delle responsabilità più importanti dei vescovi sia precisata in "Apostolorum Successores", che contiene le indicazioni per il ministero pastorale dei vescovi (§143 sul sito del Vaticano): "Il vescovo deve considerare come proprio ufficio innanzitutto quello di essere il responsabile del culto divino e, in ordine a questa funzione, esercita gli altri compiti di maestro e di pastore. Infatti, la funzione santificante, benché strettamente unita per sua propria natura ai ministeri di magistero e di governo, si distingue in quanto specificamente esercitata nella persona di Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, e costituisce il culmine e la fonte della vita cristiana." Il vescovo agisce "in persona Christi capitis", in particolare nella liturgia.

Dopo questa convincente esposizione sulla missione e la responsabilità dei vescovi in materia di liturgia, l'arcivescovo Sample si è basato sulla sua esperienza di pastore della diocesi di Marquette (Michigan) per darne un esempio di messa in pratica.

Come richiesto dai testi del Concilio, il vescovo deve santificare la sua diocesi (munus liturgicum o sanctificandi), in particolare per quanto riguarda la liturgia, dandole una direzione solida. La sua liturgia deve insegnare attraverso l'esempio dato. Troppi abusi liturgici vengono giustificati per il fatto che "lo abbiamo visto fare in cattedrale"! Le liturgie di bassissimo livello sono sforunatamente molto più frequenti di quanto non si voglia ammettere. A Portland, come precedentemente a Marquette, Monsignor Sample si augura semplicemente che i fedeli e i sacerdoti seguano il suo esempio e possano dire: "è così che fa il nostro vescovo".

Il secondo aspetto del ministero del vescovo è il suo dovere d'insegnamento (munus docendi). Mons. Sample stesso si vede come la guida del rinnovamento liturgico della sua diocesi perché, secondo lui, le norme liturgiche devono essere spiegate nuovamente ai sacerdoti e ai laici: "Io sono sempre più convinto che una parte molto importamente del problema nella celebrazione della liturgia oggi, e soprattutto della Santa Messa, derivi da una mancanza profonda e generale di comprensione della natura e del significato intrinseco della liturgia stessa". Per porre rimedio, il vescovo deve utilizzare tutti i mezzi che sono a sua disposizione, i consigli diocesani così come le pubblicazioni diocesane e, in modo particolare, il sito internet della diocesi. Ovviamente egli non può aspettarsi un cambiamento dall'oggi al domani. Anni, se non decenni, di buona catechesi devono essere consacrati a questo scopo.

Infine il vescovo esercita il "munus regendi", la guida del gregge. Per lottare contro gli abusi, deve evitare lui stesso di infrangere le leggi liturgiche. E' sua responsabilità di assicurarsi, con pazienza e comprensione, che le norme liturgiche siano rispettate dai suoi sacerdoti. "Io sono convinto che ciò noi potremmo chiamare 'una buona liturgia' parte proprio dalla fedeltà ferrea alle norme liturgiche stabilite dall'autorità competente", ha inoltre dichiarato. Per garantire questa fedeltà, gli abusi liturgici devono essere corretti, anche molte volte se necessario. Spesso non si tratta di una disobbedienza volontaria dei sacerdoti o dei fedeli, ma di una cattiva comprensione del loro ruolo. E Monsignor Sample si è speso per la pubblicazione, da parte dei vescovi preoccupati per la questione della liturgia, di una lettera pastorale in materia, rafforzata da un appello a una migliore catechesi e dalla diffusione di direttive pratiche (per esempio per la musica nelle chiese).

L'ultimo punto sul quale Monsignor Sample si è soffermato, e che non figura nel testo affidato ai traduttori della conferenza, è che lui vede la forma straordinaria come una contromisura efficace alle cattive pratiche liturgiche. Secondo lui, la "riforma della riforma" sostenuta da Benedetto XVI passa attraverso una maggiore conoscenza , e dunque diffusione, della forma antica del rito romano. Se la forma ordinaria è chiamata a riorientarsi sui documenti conciliari, essa ha comunque bisogno di una bussola e di un modello. Per l'arcivescovo di Portland, questo modello è la liturgia tradizionale. Secondo lui i vescovi che vogliono partecipare al rinnovamento della Chiesa devono prendere familiarità con la forma straordinaria del rito romano.

A Marquette Monsignor Sample aveva permesso la forma straordinaria, rispondendo così al desiderio del suo gregge. Soprattutto, come pastore, aveva rivendicato il diritto, ancor prima di stabilire dei luoghi di culto per la forma straordinaria, di celebrarla lui stesso nella cattedrale.


II. Intervista esclusiva con Monsignor Sample

In occasione della sua venuta al convegno di Roma, Mons. Sample ha avuto la gentilezza di accordarci qualche minuto per una breve intervista.

1) Quando si guarda il cattolicesimo americano dall'Europa, si ha la sensazione che lì la questione liturgica non sia un fatto ideologico. E' così?
Mons. Sample: Io non vivo qui in Europa, ma se posso giudicare dalle informazioni che ho raccolto tra i partecipanti alla conferenza, ho in effetti l'impressione che negli Stati Uniti ci sia una maggiore apertura alla forma straordinaria del rito romano. Può essere che molti non la vogliano o non l'amino, ma non ne fanno un casus belli e l'accettano anche se non ne sono felici. Ho l'impressione che le persone che ho incontrato qui abbiano una maggiore difficoltà nelle proprie diocesi ad ottenere la forma straordinaria.

2) Lei ritiene che il Motu Proprio Summorum Pontificum sia stato messo in pratica nella sua vecchia diocesi (Marquette) come voleva Benedetto XVI?
Mons. Sample: Io direi di si. In occasione della pubblicazione del Motu Proprio, il Santo Padre, ha invitato i vescovi ad essere molto generosi con i fedeli. Ed è ciò che io ho cercato di fare nel mio precedente incarico. Quando i fedeli hanno chiesto la sua applicazione, ho vegliato affinché il desiderio venisse soddisfatto. Abbiamo avuto tre parrocchie di questa piccola diocesi rurale che hanno introdotto la forma straordinaria nella loro liturgia. Questo è stato il frutto di una sincera esigenza della popolazione. A Portland, dove sono soltanto dall'inizio dell'anno, mi mancano ancora suffcienti informazioni sulle richieste dei fedeli.

3) Secondo lei, come si può arrivare alla pace liturgica?
Mons. Sample: Ecco una bella domanda! In effetti si ha spesso l'impressione che la liturgia sia un campo di battaglia, non è così? Ritornando agli anni del mio seminario, l'esperienza di tutta la mia vita sacerdotale è che la cosa che dovrebbe unirci maggiormente è quella che ci divide di più. E' molto triste. Credo che questo gravi pesantemente sul cuore di Nostro Signore, per usare un termine antropologico, di vedere che il dono di Lui stesso, che ci ha lasciato nell'Eucaristia, è divenuto un motivo di divisione fra i suoi discepoli, proprio nel seno della Chiesa cattolica.
La pace liturgica è di accettare tutto quello che la Chiesa ci ha donato, in tutte le sue forme. Anche se è la forma straordinaria, noi dobbiamo accettarla. Come spiega il Santo Padre nel Motu Proprio e nell'istruzione Universae Ecclesiae, la forma ordinaria resta l'ordinario. Quando saremo capaci di ricevere tutto quello che la Chiesa ci offre e di accettarlo così com'è, allora noi saremo in grado di arrivare alla pace liturgica. Se resteremo troppo attaccati alle nostre preferenze e ai nostri gusti, allora non saremo sulla strada giusta.