Lettera 69 pubblicata il 1 settembre 2015
Schola Sainte Cécile:
"NON CANTIAMO CHE IL SIGNORE E PER IL SIGNORE, ATTRAVERSO LA LITURGIA TRADIZIONALE"
In esclusiva per New Liturgical Movement e Paix liturgique, Henri Adam de Villiers, direttore della Schola Sainte Cécile, coro dei fedeli della parrocchia Saint-Eugène di Parigi, dove dal 1985 la liturgia tradizionale si è affiancata a quella moderna, presenta il ricchissimo programma musicale che la Schola canterà in occasione del prossimo pellegrinaggio Summorum Pontificum a Roma, dal 22 al 25 ottobre 2015.
Henri de Villiers, direttore della Schola Sainte Cécile.
1) Buongiorno Henri. Dopo il 2013, la Schola Sainte Cécile torna ancora a Roma per accompagnare il pellegrinaggio Summorum Pontificum, a cosa si deve questa fedeltà?
Henri Adam de Villiers: E' allo stesso tempo un onore e una grande gioia per noi tornare a Roma in quest'occasione. Un onore, perché questo pellegrinaggio internazionale riunisce numerosi fedeli che arrivano da ogni angolo del mondo per rendere grazie a Dio presso la sede di Pietro. Con questo tipo di pellegrinaggio, i fedeli vengono a testimoniare come la liturgia tradizionale sia un cammino di conversione ed un nutrimento per la loro vita di cristiani; questo ci obbliga a dare il meglio di noi stessi, affinché gli uffici liturgici e le messe siano ancora più belli e grandiosi, più "straordinari" di quanto non lo siano già ordinariamente il resto dell'anno!
Al contempo una grande gioia, perché è davvero travolgente cantare nei luoghi più alti della nostra fede cattolica. Io mi ricordo che mi sono venute le lacrime agli occhi due anni fa nella basilica vaticana, tanto forte è stata l'emozione di cantare la santa messa presso la tomba di Pietro.
2) Ci può presentare il programma che porterete al pellegrinaggio?
Henri Adam de Villiers: Posto d'onore al canto gregoriano, che sarà integralmente interpretato in ciascuna delle messe in cui canteremo, come nostra abitudine.
Per quanto riguarda la polifonia, il programma sarà originale. Vogliamo approfittare delle tribune presenti nelle chiese romane per cantare a più cori (come abbiamo fatto anche due anni fa), secondo l'antica tecnica detta "dei cori spezzati". I coristi sono disposti in varie tribune e si rispondono, a volte in modo molto dinamico, dando vita a degli effetti acustici meravigliosi. Questo uso dei "cori spezzati" era molto diffuso a Roma dal Rinascimento alla fine del XVIII secolo.
Canteremo così, a tre cori, i vespri e il saluto al Santissimo Sacramento presso la Trinità dei Pellegrini il 22 ottobre prossimo.
Ma è soprattutto nel corso della messa pontificale di venerdì 23 ottobre, approfittando dell'eccezionale acustica della Chiesa di Santa Maria in Campitelli e delle sue numerose tribune, che dispiegheremo questo repertorio a cori multipli. Lì canteremo la Messa a 4 cori (H.4) di Marc-Antoine Charpentier, uno dei capolavori di questo compositore, intrerpretato molto raramente data la complessità della struttura di 16 cori reali e strumenti! Alcuni indizi lasciano immaginare che Charpentier abbia potuto comporre questa messa mentre era a Roma durante la sua gioventù, per i "mariniers romains" (!). Non si può negare che egli abbia scoperto questo repertorio a più cori, nella Città eterna. Di fatto, i suoi manoscritti contengono una copia di un'altra messa a quattro cori di un compositore romano, Francesco Beretta, che fu maestro di cappella in Vaticano e che Charpentier incontrò durante i suoi anni di formazione a Roma.
Accompagnando questa messa a quattro cori di Charpentier, canteremo altri tre mottetti a due cori:
* Beati estis, sul testo dell'ottava beatuitudine, di Peter Philips, un sacerdote inglese esiliato a Roma nel XVII secolo per la fedeltà alla sua fede cattolica (fu maestro di cappella del Collegio inglese di Roma)
* Vox Domini, di Eustache du Caurroy, maestro di cappella di Enrico IV, ardente propagatore della polifonia a cori multipli in Francia
* Omnes gentes plaudite manibus, di Guillaume Bouzignac (questa sarà verosimilmente la prima volta che quest'opera a otto voci verrà eseguita dal XVII secolo)
L'acustica di San Pietro a Roma, dove abbiamo già avuto la gioia di cantare, è sicuramente più complicata. Lì, il sabato 24 ottbre, canteremo Angeli Archangeli, un grande mottetto a due cori di Jean Veillot, maestro di cappella di Luigi XIV durante la sua minore età, e il magnifico Pange lingua di Michel-Richard de Lalande, altro maestro della cappella reale di Luigi XIV.
Quest'anno saremo accompagnati da due sackbut. Questo strumento, antenato del trombone, è caratteristico del Rinascimento e del Barocco.
3) La Schola è un coro di fedeli le cui prestazioni non hanno nulla da invidiare a quelle di cori di professionisti. Qual è il segreto della vostra armonia?
Henri Adam de Villiers: La nostra fede, non c'è nulla di misterioso in questo. Noi non cantiamo che il Signore e soltanto per il Signore, attraverso la liturgia tradizionale. Ora, questa liturgia è esigente: la strada da seguire è piuttosto precisa e la soggettività personale passa senz'altro in secondo piano, perché è necessario rispettare i dettami di una tradizione multisecolare di musica sacra. La liturgia tradizionale è esigente, ma alla fine diventa essa stessa una scuola di eccellenza che ci trascina verso verso l'alto e che ci fa dare il meglio di noi stessi. Ecco perché questa liturgia ha generato nel corso della Storia tante meraviglie in campo artistico, nella musica, certamente, ma anche negli altri campi e in particolare in architettura con le bellissime testimonianze di cui la città di Roma è così ricca.
Penso che i nostri coristi, che non sono altro che dei semplici parrocchiani, siano molto sensibili a questo aspetto: la generosità del loro investimento personale è una risposta entusiasta che vuole essere all'altezza della bellezza della liturgia tradizionale. Dio è il Sommo Bene e la Bellezza Somma e la liturgia non è che un assaggio della sua gloria, un'epifania, il Cielo sulla terra! Di fronte a questo, non si può dunque offrire la mediocrità!
Il mio lavoro a capo della Schola Sainte Cécile, è consistito innanzitutto nel mettermi a studiare la grande tradizione della musica sacra dell'Occidente, che, del resto, non può essere compresa in profondità se non attraverso la conoscenza delle tradizioni liturgiche e musicali dell'Oriente cristiano. Noi abbiamo la gioia di riproporre le opere del grande repertorio occidentale di musica sacra nel quadro esatto per il quale esse vennero composte, in chiesa e per la liturgia, mentre in genere esse non vengono quasi più eseguite che in occasione di concerti. Riportate al loro scopo originario, la gloria di Dio, esse riacquistano tutto il loro significato, che invece viene loro tragicamente amputato in occasione delle esecuzioni in quadri lontani da quello liturgico. Noi resuscitiamo delle meravigliose opere dimenticate che dormono nascoste nel silenzio delle nostre biblioteche pubbliche, e diamo vita regolarmente a progetti liturgici originali, come andare a cantare il rito mozarabico a Toledo o quello ambrosiano a Milano. Tutto questo è molto motivante per i nostri coristi!
Infine, io penso che praticare la musica insieme permette di sviluppare legami profondi. E cantare per il Signore aggiunge una dimensione supplementare, di comunione spirituale, a questa pratica: alla fine noi condividiamo assai di più che delle note musicali!