Lettera 125 pubblicata il 1 luglio 2021

I NEMICI DEL SUMMORUM PONTIFICUM VOGLIONO LA GUERRA

“Avrete un nuovo Motu proprio nei prossimi giorni o nelle prossime settimane”, ha detto il 26 giugno Mons. Minnerath, Arcivescovo di Digione, ai fedeli della Messa tradizionale venuti a manifestare davanti all’arcivescovado il loro malcontento. Ma ancor prima della pubblicazione di questo nuovo testo, si moltiplicano le testimonianze circa le intenzioni dei nemici del precedente Motu Proprio, quello di Benedetto XVI:

- e così, il Cardinale Parolin, Segretario di Stato, ha affermato davanti ad un gruppo di Cardinali: “Dobbiamo mettere fine per sempre a questa Messa!” 

- e Mons. Roche, nuovo Prefetto della Congregazione del Culto Divino, ha spiegato ridendo ad alcuni responsabili di seminari romani e ad alcuni membri della Curia, tutti anglofoni: “Il Summorum Pontificum è praticamente morto! Ridaremo ai vescovi il potere in materia, ma - ed è la cosa più importante - non ai vescovi conservatori!”.

Bisogna sapere, d’altra parte, che Mons. Minnerath, che ha aperto le ostilità contro la comunità tradizionale di Digione, è membro della Congregazione per la Dottrina della Fede e, pertanto, ogni mese si ritrova a Roma, e si immerge negli ambienti di Curia che hanno preparato l’offensiva contro il Summorum Pontificum.

Il Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI del 2007 era un compromesso che stabiliva ingegnosamente la coesistenza tra la Messa di Paolo VI e la Messa tridentina: vale a dire - è vero - tra l’acqua e il fuoco. Resta il fatto che la pace così instaurata è stata accolta plebiscitariamente dal popolo cristiano, che assistesse o meno alla Messa antica, come dimostrano tutti i nostri sondaggi.

Si sa, dopo che il Papa ne ha parlato alla Conferenza Episcopale Italiana il lunedì di Pentecoste, che il nuovo testo limiterà la possibilità dei sacerdoti diocesani di celebrare la Messa tradizionale. Inoltre, dovrebbero esserci disposizioni per indurre i sacerdoti degli Istituti Ecclesia Dei a celebrare anche la nuova Messa, e per introdurre tanto la nuova messa, quanto il magistero conciliare, nella formazione impartita nei seminari di tali comunità.


I partigiani della riforma liturgica hanno preso coscienza dell’importanza del mondo tradizionale


L’esasperazione che ha animato i partigiani della riforma liturgica davanti all’opposizione incontrata sin dall’origine, si è ravvivata con l’arrivo di Papa Francesco. Continua a mano a mano che passa il tempo e che il pontificato si avvia, logicamente, alla sua conclusione: occorre farla finita al più presto con questa opposizione al Concilio, alla quale Papa Benedetto XVI ha dato una sorta di spazio liturgico.

L’offensiva è condotta da un gruppo di pressione attivo in Curia e tra i vescovi italiani; gruppo che si è impegnato a far capire ai decisori romani che la compresenza delle due messe, quella tradizionale e la nuova, realizza due condizioni dottrinali incompatibili: quella del Vaticano II e quella anteriore al Vaticano II. La principale idea di Andrea Grillo, professore di liturgia all’Università romana di S. Anselmo, è che il Summorum Pontificum abbia introdotto uno stato di “eccezione liturgica” aberrante, che mette la liturgia tradizionale e quella nuova su di un piede di parità mostruoso ed in sopportabile.

Inoltre, i conciliaristi duri e puri hanno finito per comprendere che il mondo tradizionale, con i suoi sacerdoti, i suoi fedeli, le sue opere, le sue scuole, un mondo che essi affettavano di considerare marginale e disprezzabile, esprime in realtà un peso non trascurabile, proprio mentre il mondo conciliare è sempre più esaurito e indebolito.

Da qui la volontà di far rientrare la galassia Summorum Pontificum nel diritto comune. Non c’è dubbio che quanto riguarda la liturgia tradizionale i i suoi interpreti specializzati, i sacerdoti delle comunità Ecclesia Dei, sarà d’ora in poi di competenza della Congregazione per il Culto Divino, che è per sua funzione responsabile della nuova liturgia. La forma straordinaria sarà allora subordinata al diritto comune della forma ordinaria. E ciò potrebbe essere molto oneroso se, per esempio, si condizionasse l’autorizzazione a celebrare nella forma straordinaria alla partecipazione a intervalli regolari alla nuova liturgia, oppure all’utilizzo del calendario della forma ordinaria, o del nuovo lezionario. Il tutto a discrezione dei vescovi diocesani, cui verrebbe affidata la gestione di questa “tolleranza”, e ai quali la Congregazione per il Culto Divino darebbe sempre ragione contro i preti, i fedeli e le comunità Ecclesia Dei. Mentre i vescovi conservatori sarebbero, come sottintende Mons. Roche, sotto sorveglianza.


I falchi e le colombe


Tuttavia, il pontificato corrente, quello di un papa che ha già 84 anni, sembra entrare in una fase difficile. Le opposizioni alla sua linea liberale sono sempre state forti tra i conservatori e i tradizionalisti. Ma ormai sta incontrando anche il malcontento di un certo numero di coloro che, finora, lo avevano sostenuto.

Più che di un brontolio, si tratta proprio di un’ostilità dichiarata. Lo storico Alberto Melloni, direttore della Fondazione Giovanni XXIII, conosciuta anche come Scuola di Bologna, è un intellettuale di grande importanza nel cattolicesimo progressista italiano. Il 14 giugno, Melloni ha pubblicato sul maggiore quotidiano di sinistra, La Repubblica, al quale contribuisce regolarmente con suoi articoli, un solenne avvertimento al papa intitolato "Il giugno nero della Chiesa" (un'allusione a ciò che gli storici di sinistra chiamano "La settimana nera del Concilio", la settimana in cui si verificò la crisi più grave nello svolgimento del Vaticano II). Melloni elenca gli episodi in cui Francesco ha maltrattato persone che gli sono comunque vicine, e di cui si è fatto nemico: il modo in cui ha rifiutato con una lettera resa pubblica le dimissioni del cardinale tedesco Marx; la conferma del licenziamento di Enzo Bianchi, grande amico di Melloni, per "gravi problemi nell'esercizio dell'autorità" nel monastero ultraecumenico di Bose; la visita commissariale disposta nei confronti della Congregazione per il Clero dopo le dimissioni del cardinale Stella, 80 anni, uno dei pilastri del pontificato bergogliano; le verifiche economiche scagliate contro i servizi del Vicariato di Roma del cardinale De Donatis; l’indagine lanciata per sostenere le accuse ritenute troppo deboli contro il cardinale Becciu, accusato di malcostume economico a Londra quando era Sostituto della Segreteria di Stato. E Melloni conclude: o Francesco è circondato da consiglieri che sono dei bulli, o è rimasto l'autoritario che era quando guidava la Compagnia di Gesù in Argentina. Che il Papa stia attento: "Si sta preparando una tempesta!".

Una parte della "sinistra" cerca così di liberarsi di una modalità di governo caotica. Non sorprende, quindi, che alcuni prelati, che non sono molto affezionati alla liturgia antica, stiano consigliando Francesco di essere cauto: non è davvero il momento di iniziare una nuova guerra liturgica. Si uniscono al cardinale Ladaria, "a destra", che ha frenato su questo dossier.

Così facendo, queste colombe si smarcano dai falchi della Segreteria di Stato e della Congregazione per il Culto Divino. I falchi sembrano avere la meglio: "Dobbiamo mettere fine per sempre a questa Messa!" (Cardinale Parolin); "Il Summorum Pontificum è praticamente morto!"(Arcivescovo Roche).


Il fronte del rifiuto si sta preparando


Si sta preparando un fronte del rifiuto, come lascia prevedere il clamore sollevato dalle rivelazioni dai maneggi sul Summorum Pontificum, riportati dalla grande stampa italiana. Stiamo andando verso un ritorno alla situazione degli anni '70, quando fu promulgato il nuovo messale di Paolo VI? Con la differenza che l'istituzione romana e gli episcopati nazionali sono oggi infinitamente più deboli.

A Digione, i sacerdoti della diocesi e i fedeli che ancora frequentano le chiese non capiscono la politica dell'arcivescovo, che è illeggibile per loro. Questa è ovviamente la reazione di tutto il popolo cristiano, ad eccezione delle aree più progressiste: l’incomprensione. Perché riaprire vecchie ferite? Perché sostenere l'ecumenismo ad extra, ma rifiutarlo ad intra? Perché mostrare così poca misericordia?

E tutto questo in un contesto di drammatica contrazione del cattolicesimo. Andrea Riccardi, la principale personalità della Comunità di Sant'Egidio, che è tutto il contrario di un conservatore, in un recente libro, in cui considera il rogo di Notre-Dame di Parigi come una parabola, parla dell'annunciata scomparsa sociale della Chiesa: La Chiesa brucia. Crisi e futuro del cristianesimo (Tempi nuovi, 2021). 

Riccardi analizza il crollo del cattolicesimo in Europa, paese per paese. Nella conclusione, dà prova, naturalmente, di una speranza obbligata sul tema "la crisi non è il declino", ma prima di ciò lancia, anch’egli, una serie di piccole frasi assassine: "molti cattolici sono passati dall'entusiasmo per Bergoglio alla disillusione", "la soluzione non verrà da una riforma". Fa anche questa constatazione: "Il tradizionalismo è una realtà di una certa importanza nella Chiesa, sia nell'organizzazione che nei mezzi”. 

Ai cattolici legati alla Messa tradizionale viene promesso lo sterminio: "Dobbiamo mettere fine per sempre a questa Messa!" (Cardinale Parolin); “Il Summorum Pontificum è praticamente morto!"(Arcivescovo Roche). I cattolici tradizionali conosceranno tempi difficili se la benevolenza romana, seguita più o meno dalla benevolenza episcopale, venisse fatta a pezzi. Ma pensiamo che lo accetteranno passivamente? Può darsi che nella resa dei conti che si prepara, siano proprio i guardiani della liturgia del Concilio ad avere di più da perdere.


* Per exemplo, Andrea Grillo : « Il peccato dell’Ecclesia Dei si chiama Summorum Pontificum », Le péché d’Ecclesia Dei se nomme Summorum Pontificum, sur le site Munera
http://www.cittadellaeditrice.com/munera/il-peccato-dellecclesia-dei-si-chiama-summorum-pontificum/